Oppure, tra 50.000 morti contro censura
Sono nato occidentale e cresciuto immerso nei valori dell’Occidente. Da decenni vivo quotidianamente in un ambiente che, a mio avviso, da modello demoniaco qual era negli anni ’60-’70, sta dimostrando di avere nel suo DNA valori diversi e positivi; vivo in Cina. Questi valori si fondano su concetti ancestrali, a noi sconosciuti, ma non per questo meno validi se proiettati in un’ottica generazionale.
Per noi occidentali, moderni e post 900, c’è qualcosa di profondamente umano nel bisogno di esprimersi, di far sentire la propria voce nel grande coro della società. La libertà di parola non è solo un diritto sancito dalle costituzioni: è l’essenza stessa di ciò che ci rende persone complete, capaci di pensiero critico e di crescita attraverso il confronto.
Eppure, mentre scrivo queste righe, non posso fare a meno di riflettere sulla complessità di questo equilibrio. Da una parte, sentiamo il bisogno viscerale di poter dire ciò che pensiamo: di criticare, proporre, dissentire. Dall’altra, riconosciamo che le parole hanno un peso. Possono ferire, dividere, persino incitare alla violenza. E cosa dire delle distorsioni causate dai media, che sempre più cavalcano argomenti redditizi anziché promuovere pensiero critico e costruttivo?
Due Modelli a Confronto: Libertà Americana e Stabilità Cinese
Per comprendere davvero questa tensione, vale la pena osservare due approcci radicalmente diversi che hanno plasmato il mondo contemporaneo. Il confronto tra il modello statunitense, fondato sul Primo Emendamento, e quello cinese, in cui il dibattito è incanalato entro valori politici condivisi, mette in luce due visioni opposte della parola pubblica. I puristi occidentali lo definiscono censura. Tuttavia, entrambi i sistemi presentano punti di forza e debolezza che incidono profondamente sul funzionamento delle rispettive società.
Il Modello Americano – La Parola come Diritto Inviolabile
Negli Stati Uniti, la libertà di parola è garantita come un diritto intoccabile, anche quando genera conflitti, offese o lutti collettivi. Non posso non menzionare che questa libertà ha un costo elevato: secondo i dati ufficiali del CDC (Centers for Disease Control and Prevention), nel 2022 sono morte oltre 48.000 persone per ferite da arma da fuoco, tra omicidi, suicidi e incidenti.¹
Questo sistema, con i suoi pro e contro, ha dimostrato una straordinaria capacità di proteggere le minoranze e le opposizioni. Permette a ogni voce di emergere, stimolando una creatività intellettuale senza pari. Il dibattito pubblico si alimenta di pluralismo, senza limiti prestabiliti da valori comuni. Tuttavia, l’interferenza economica e mediatica, che vive di ricavi e polarizzazioni, tende a sfruttare gli argomenti più divisivi: dai no-vax al razzismo, fino all’estremismo culturale. In una società armata fino ai denti, questa miscela può diventare esplosiva.
Il rovescio della medaglia è evidente: la legittimazione di linguaggi d’odio che erodono la convivenza civile, la frammentazione sociale dovuta all’assenza di riferimenti condivisi, e il dominio del discorso pubblico da parte di chi possiede maggiori risorse economiche e mediatiche. La protezione assoluta diventa terreno fertile per estremismi e propaganda, mentre la lotta alla disinformazione viene affidata al “mercato delle idee” — un meccanismo che spesso non riesce a far emergere spontaneamente la verità.
Il Modello Cinese – Il Dibattito entro Valori Politici
Dall’altra parte del mondo, dove sono testimone da oltre trent’anni, la Cina ha sviluppato un approccio completamente diverso. Qui, il discorso pubblico è incanalato entro valori fondamentali per la coesione sociale. Il limite non è la libertà individuale illimitata, ma l’armonia collettiva. La crescita collettiva.
Questo modello ha prodotto risultati economici e sociali impressionanti: una crescita sostenuta che ha sollevato centinaia di milioni di persone dalla povertà, una stabilità politica che ha permesso investimenti a lungo termine, e una coesione sociale che ha facilitato risposte coordinate a crisi come la pandemia.
Il valore della parola è legato alla responsabilità verso la comunità, più che al diritto individuale. Lo Stato si pone come custode della narrazione, proteggendo da campagne di destabilizzazione esterne e riducendo polarizzazioni estreme. In Occidente, questo viene definito censura. Ma per la quasi totalità dei cittadini cinesi, è percepito come garanzia di continuità e crescita.
Naturalmente, questo approccio comporta dei costi: la riduzione della pluralità di opinioni, il sacrificio di alcuni diritti individuali (che noi vediamo, ma non necessariamente percepiti come tali da loro), e il rischio che ogni critica venga bollata come disgregante. Tuttavia, sarebbe superficiale ignorare i benefici tangibili che questo modello ha prodotto in termini di prosperità e stabilità.
Il Peso delle Parole nell’Era Digitale
Mai come oggi percepiamo quanto le parole possano viaggiare velocemente e colpire duramente. Un post sui social media può diventare virale in poche ore, amplificando messaggi di odio, ma anche movimenti di giustizia sociale o squilibri irrazionali.
In questo contesto, ogni sistema politico si trova a dover scegliere la propria strada. Gli Stati Uniti hanno visto come la libertà assoluta possa portare all’assalto al Campidoglio, alimentato da narrazioni false ma protette costituzionalmente. La Cina ha dimostrato come un controllo coordinato della comunicazione possa facilitare risposte efficaci a crisi globali, ma anche limitare il dibattito scientifico e sociale.
La Saggezza dell’Equilibrio
Non esiste una ricetta universale. Ciò che funziona in una società plasmata da secoli di individualismo liberale potrebbe non adattarsi a una cultura che valorizza l’armonia collettiva, e viceversa. L’equilibrio che ogni Stato cerca di garantire riflette la propria storia, i propri valori, le proprie priorità.
Dal confronto emerge un dilemma fondamentale: come bilanciare la libertà individuale con la responsabilità collettiva? Gli americani, soprattutto con le ultime elezioni, hanno scelto di privilegiare la prima, pagando il prezzo della polarizzazione. I cinesi hanno privilegiato la seconda, accettando limitazioni alla libertà individuale in cambio di sviluppo ed equilibrio sociale.
Una Tensione Irresolvable?
La domanda che resta aperta nei media occidentali è se esista un equilibrio possibile tra queste due visioni. Un equilibrio capace di coniugare libertà e responsabilità, senza scivolare né nell’anarchia né nel controllo assoluto.
Con la mia visione da qui, ritengo che l’Occidente — nel breve e medio periodo — non riuscirà a metabolizzare, comprendere e accettare le differenze altrui, soprattutto in ambito politico, sociale e religioso. Forse la risposta non sta nel cercare un modello perfetto, ma nel promuovere dialoghi e confronti. Serve allargare la conoscenza in Occidente (che rappresenta una minoranza rispetto al resto del mondo), riconoscendo che altri modelli sociali, politici e culturali hanno vantaggi, o sono geneticamente integrati in quelle società.
Allo stesso modo, Asia e altre culture — nel breve periodo — non riusciranno a comprendere i valori di libertà e democrazia occidentali. Eppure, potrebbero imparare dai successi e dai fallimenti di entrambi gli approcci.
In fondo, salvo le minoranze estremiste, ciò che cerchiamo tutti — americani, cinesi, europei — è uno spazio dove le persone possano prosperare, dove la società possa progredire, dove il futuro possa essere migliore del presente.
Il Ruolo del Leadership
Qui entra in gioco il personalismo di chi guida le politiche. I leader, di qualsiasi nazione, colore o credo politico, sono persone. E come tali, complesse. Non sempre guidate dalla necessità di servire una nazione, ma talvolta da interessi economici, personali o politici — inclusi limiti e debolezze.
Sarebbe auspicabile che, prima o poi, nella politica che gli uomini praticano e votano, si dia maggior valore all’equilibrio di chi eleggiamo. Forse potremmo avere modelli sociali migliori, anziché un sistema dove, nel nome della libertà, ogni anno muoiono decine di migliaia di persone per causa di arma da fuoco. Un numero che, secondo il Gun Violence Archive, include omicidi, suicidi, incidenti e sparatorie di massa.² È un dato che interroga profondamente il concetto stesso di libertà, quando il suo esercizio comporta conseguenze così drammatiche.
Verso un Modello di Equilibrio
Il punto non è scegliere quale modello sia “giusto” o “sbagliato”, ma riconoscere che ogni società costruisce le proprie regole del discorso pubblico in base alla propria storia, cultura e priorità. L’Occidente, con la sua enfasi sull’individuo, ha prodotto innovazione, pluralismo e diritti civili. L’Oriente, con la sua visione comunitaria, ha generato stabilità, crescita e coesione.
Il vero nodo è la capacità di ciascun sistema di evolversi. Di riconoscere i propri limiti e di apprendere dall’altro. Di non cadere nella presunzione che il proprio modello sia universalmente valido. E soprattutto, di non confondere la libertà con l’assenza di regole, né la stabilità con il silenzio imposto.
Tensioni irrisolvibili?
Forse la vera saggezza sta nel riconoscere che questa tensione non ha una soluzione definitiva, ma richiede un adattamento continuo. Il modello americano celebra la libertà assoluta, ma paga il prezzo della polarizzazione. (Capitol Hill 06/01, omicidio Kirk) Il modello cinese privilegia la stabilità, ma riduce la libertà individuale. (Censura) Due approcci che nascono da storie, culture e priorità diverse: da un lato l’individuo come pilastro della democrazia, dall’altro la collettività come fondamento dell’ordine politico.
La domanda che resta aperta è se esista un equilibrio possibile tra queste due visioni, capace di coniugare libertà e responsabilità senza scivolare né nell’anarchia né nel controllo assoluto. Forse la risposta non sta nel scegliere un modello perfetto, ma nel continuare a sperimentare, imparare dai successi e dai fallimenti di entrambi gli approcci.
In fondo, quello che cerchiamo tutti – europei, cinesi, americani, è uno spazio dove le persone possano prosperare, dove la società possa progredire, dove il futuro possa essere migliore del presente. I percorsi per arrivarci possono essere diversi, ma l’obiettivo fondamentale rimane umano e universale. Forse non esiste un equilibrio perfetto. Ma esiste la possibilità di cercarlo. Con umiltà, con apertura, con la consapevolezza che la parola — se ben usata — può costruire ponti, non solo barricate.
Fonti citate:
- CDC – National Center for Health Statistics: Firearm Mortality by State
- Gun Violence Archive: Annual Reports


