Made in Italy su due ruote: il settore ciclistico tra tradizione e globalizzazione

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Una considerazione del settore ciclistico italiano, sollecitata da un post su LinkedIn, che esplora il delicato equilibrio tra heritage e delocalizzazione.

Da appassionato ciclista con oltre quarant’anni di esperienza, sia come atleta dilettante che come professionista nel settore della produzione meccanica, osservo l’evoluzione del comparto ciclistico italiano e qui in Cina, dove vivo da decenni, un settore che ha vissuto profondi cambiamenti negli ultimi decenni.

Il panorama attuale vede un fatturato complessivo delle aziende italiane che supera i 9 miliardi di euro, di cui 1,4 miliardi dalla produzione di biciclette complete, 5,2 miliardi dalla componentistica e 2,7 miliardi dall’abbigliamento tecnico. Numeri aggregati e arrotondati, importanti, che però nascondono una realtà produttiva profondamente trasformata.

La realtà dei fatti è che l’80-90% della componentistica montata sulle nostre biciclette proviene dall’Asia. Per la stragrande maggioranza del comparto commerciale. Non ho l;’0esatto polso della situazione ma non escludo che del piccolo artigianato ancora sopravviva producendo nell’officinetta, ma alla fine, la componentistica Italiana, e’ quasi inesistente….  L’unica eccezione significativa rimane Campagnolo, che mantiene la produzione principalmente in Italia e Romania, resistendo alla delocalizzazione totale ma dovendo comunque fare i conti con la pressione competitiva globale.

I grandi marchi storici italiani hanno seguito percorsi simili: Bianchi produce il 70% delle sue biciclette a Taiwan, Colnago ha una partnership strategica con Giant, Wilier Triestina si appoggia a partner taiwanesi per i telai in carbonio di fascia media. Anche realtà come Cinelli, Dedacciai e 3T hanno seguito la stessa strada.

Quello che rimane in Italia è il cuore pulsante del know-how: design, progettazione, ricerca e sviluppo. La produzione vera e propria è quasi interamente delocalizzata, con l’eccezione di piccole serie di alta gamma e produzioni custom per professionisti.

Un aspetto che ho potuto osservare direttamente nei miei anni di esperienza nel settore è la crescita impressionante della qualità produttiva cinese. Se trent’anni fa esisteva un gap significativo, oggi posso affermare che almeno il 75-80% della produzione cinese ha raggiunto standard qualitativi di primo livello. Non è un caso: in tre decenni, la Cina ha formato specialisti, affinato metodi costruttivi e investito massicciamente in tecnologia e automazione.

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Taiwan gioca un ruolo particolare in questo scenario: pur avendo anch’essa delocalizzato molto in Cina, mantiene un posizionamento più premium e un controllo qualità più rigoroso, fungendo spesso da intermediario tra la produzione cinese e i brand occidentali.

Il mercato italiano vale circa 4 miliardi in termini di vendite al consumo, ma la vera forza del settore sta nell’export, con le aziende italiane che mantengono una forte presenza sui mercati globali grazie al loro heritage e alla capacità di innovazione nel design e nell’ingegnerizzazione dei prodotti. Va anche detto che in questo settore, la risonanza dei brand protagonisti delle grandi competizioni e’ tale che mantiene il valore di mercato, ovviamente seguendo i trend economici globali.

Come appassionato di mountain bike fin dagli esordi della disciplina, ho visto questo settore evolversi in modo particolarmente dinamico. La complessità tecnica crescente delle bici moderne ha reso ancora più cruciale la globalizzazione della produzione, con componenti che arrivano da ogni parte del mondo per essere assemblati sotto marchi storici italiani.

La sfida per il futuro del settore sarà mantenere viva l’eccellenza italiana nel design e nell’innovazione, continuando a presidiare le nicchie di alta gamma dove il Made in Italy conserva ancora un significato produttivo concreto, non solo simbolico.

E-Bike? ..che dire, sono nate in Cina, decenni fa con il divieto di utilizzare motori a scoppio di piccola cilindrata nelle aree urbane. Parlare dei numeri delle E-bike in cina necessita passare a valori di miliardi di pezzi, e forse non e’ il caso. Certo e’ che soprattutto per questo prodotto, il reale apporto di prodotto made in Italy sui pezzi venduti in Italia, avrei seri problema a cercare di valutarne le dimensioni.

Chiudo, nello scrivere questo pezzo, e basando mi principalmente sui numeri che dispongo qui, ho volute fare delle verifiche ed ho visto almeno un paio di report, chiaramente camuffati per cui, non ne farò cenno, esprimo solo quel che vedo e conosco.

Chiudo con l’impressione che far tornare la produzione in Italia, sarà sempre piu difficile. Il trend economico e politico mi dice che sarà un grande risultato mantenere l’attuale potere d’acquisto da parte dei mercati bassi, medi e medio alti. La mia opinione di chiusura e’ non ci sono le condizioni per migliorare lo status quo e tutto procede nella direzione di prospettive peggiorative per cui … Caro Made in Italy, resterà sempre piu per il prodotto piu caro, in poche centinaia di pezzi, ma alternative a Cina e Taiwan al momento non ne vedo.

Auguri a tutti I ciclisti e,

Stay safe!